Lunedì 05 Giugno 2006

Da Il Sole 24 Ore


Consolidato, non è boom ma prende quota
Il consolidato fiscale cresce a piccoli passi. Via via che l’istituto – uno dei cardini della riforma Ires – viene assimilato dal mondo produttivo, sembra aumentare l’interesse delle imprese per i vantaggi della tassazione di gruppo. Nel primo anno di applicazione, il 2004, sono state circa 12mila, per oltre 3mila gruppi, le società che hanno optato per questo regime. Lo scorso anno le comunicazioni della scelta inviate all’Agenzia delle entrate hanno sfiorato quota 2.000. Ora, al 1° giugno, a 20 giorni dalla scadenza del termine per il 2006, il dato statistico dell’agenzia delle Entrate è a 320 comunicazioni trasmesse, con un ritmo di crescita sostenuto negli ultimi giorni di osservazione. Non si può certo parlare di boom, tuttavia, con le debite proporzioni e considerando che le comunicazioni 2005 e 2006 possono riguardare l’ingresso di società in gruppi già esistenti, le imprese coinvolte supereranno quota 30mila per oltre 4mila gruppi.
Marco Mobili, Il consolidato fiscale prende quota, in Il Sole 24 Ore, 5/06/2006, pag. 21

Ultime due settimane per il consolidato
Ultime due settimane per le opzioni del consolidato fiscale con effetto dall’esercizio 2006. il decreto correttivo dell’Ires ha anticipato, infatti, al giorno 20 del sesto mese dell’esercizio, il termine per trasmettere alle Entrate la comunicazione della tassazione di gruppo delle società di capitali. La tassazione consolidata è consentita solo ai soggetti Ires e qualora la controllante detenga, sin dall’inizio del corrente esercizio, più del 50% del capitale e del diritto agli utili di ciascuna delle controllate che intende aggregare. Il consolidato, che riguarda l’Ires e non si estende invece all’Irap, procura benefici significativi in presenza di società con risultati fiscali di segno contrario (perdite e redditi), che possono essere immediatamente compensati nella dichiarazione di gruppo, ricordando però che le perdite precedenti all’avvio del regime restano in capo a chi le aveva prodotte. E’ opportuno ricordare che per avviare il consolidato, occorre che gli organi amministrativi delle società interessate approvino l’opzione e un apposito regolamento per disciplinare i riflessi economici interni del regime. Con l’opzione, il versamento Ires in acconto si trasferisce alla controllante già alla scadenza della prima rata.
Luca Gaiani, Gli effetti già sul primo acconto, in Il Sole 24 Ore, 5/06/2006, pag. 19

Edificabilità ancor da chiarire
La Corte di cassazione segnala ancora una volta l’opportunità di convocare le Sezioni Unite al fine di dare una nozione di area edificabile, unitaria ai fini dei vari tributi. Con l’ordinanza 3504/2006 la sezione tributaria chiamata a decidere una controversia relativa all’imposta di registro conclude nel senso dell’attualità dell’interesse a ottenere un pronunciamento definitivo. La disposizione di cui all’articolo 2, lettera b) del Dlgs 504/92 stabilisce che la qualifica di edificabilità di un’area, ai fini Ici, consegue alla sua inclusione in strumenti urbanistici generali o attuativi. La giurisprudenza della cassazione si è divisa, nel corso del 2004, sull’esatto significato da dare alla norma. In particolare, mentre la sentenza 1675/2004 ha ritenuto sufficiente allo scopo la sussistenza del piano regolatore generale, che attribuisce un’edificabilità meramente teorica, la successiva pronuncia 21644/2002 ha invece ravvisato l’esigenza che si tratti di una potenzialità edificatoria immediata ed effettiva. Secondo quest’ultima decisione, dunque, se il Prg non consente il rilascio della concessione a edificare, l’area non è fabbricabile fino all’adozione dello strumento attuativo.
Luigi Lovecchio, Edificabilità dai confini incerti, in Il Sole 24 Ore, 5/06/2006, pag. 22

Società di capitali, ruralità in bilico
Non sembra destinata a finire presto la diatriba tra imprese e Comuni sull’applicazione dell’Ici ai fabbricati rurali strumentali. A partire dal 2001, i fabbricati rurali devono essere iscritti nel catasto urbano, pur conservando la qualifica di ruralità. Fanno eccezione i vecchi fabbricati rurali che devono essere iscritti in catasto solo in caso d’uso, cioè solo in presenza di variazioni relative all’immobile o di perdita della condizione di ruralità. Un problema che è rimasto sullo sfondo è quello del rapporto tra la qualifica di ruralità e la tipologia del reddito posseduto. Secondo una parte della giurisprudenza di merito (sentenza Ctr  Firenze n. 112/36/05 depositata il 21 marzo 2006) e della dottrina, il richiamo all’articolo 32 del tuir contenuto nella disposizione sui fabbricati rurali strumentali comporterebbe la necessità che l’immobile sia posseduto da un soggetto titolare di redito fondiario. Ne consegue che tutte le società di capitale, in quanto titolari sempre di reddito d’impresa, non potrebbero mai invocare la condizione di ruralità. Sarà interessante inoltre stabilire se l’esercizio dell’attività agricola debba necessariamente imputarsi al proprietario dell’immobile oppure se ciò può avvenire anche da parte del conduttore del bene.
Luigi Lovecchio, Ruralità in bilico per le società di capitali, in Il Sole 24 Ore, 5/06/2006, pag. 22



Da Italia Oggi


 

Fisco, attenzione alle grandi società
L’obiettivo numero uno sono i soggetti di grandi dimensioni. Ovvero le aziende con un volume d’affari superiore a 25.822.846 euro. E’ nei loro confronti che si è focalizzata l’attenzione del fisco negli ultimi cinque anni. Sono quasi raddoppiate, infatti, le verifiche intraprese verso questi soggetti. La forte campagna intrapresa sugli studi di settore e la creazione di sistemi di cristallizzazione del reddito, coma la pianificazione fiscale concordata o il concordato preventivo triennale, permettono di concentrare  gran parte delle risorse umane verso i controlli di rilevanti dimensioni. D’altronde, una volta creati, gli studi di settore abbisognano solo della manutenzione e di un sistema di controllo basato sulla veridicità dei dati. E’ da tenere in debita considerazione, infatti, che le verifiche verso questi enti richiedono almeno due mesi di attività ininterrotta oltre a rilevanti problemi di interpretazione della normativa civilistica e tributaria. Restano al palo anche i controlli formali delle dichiarazioni dei redditi che appaiono sempre più simili a controlli automatizzati.
Francesco Santagada, Fisco, pressing sulle grandi società, in Italia oggi, 5/06/2006, pag. 13

Gli studi evoluti spiano i ricavi
Gli studi evoluti spiano i ricavi. L’esordio dei nuovi modelli per le attività dei settori commercio, manifatture e servizi fa registrare un aumento esponenziale dei dati relativi agli elementi contabili della realtà aziendale. Sono all’incirca 12 le voci aggiuntive riportate nei modelli revisionati che passano al setaccio i ricavi, gli adeguamenti agli studi, i canoni di locazione e l’utilizzo di personale esterno. Un occhio di riguardo è comunque assicurato a tutti gli accadimenti esterni che in qualche modo interferiscono con il normale svolgimento dell’attività. Il fisco, in particolare, riconosce il fenomeno dell’influenza aviaria ed introduce in alcuni modelli, come elemento rilevante, l’accesso delle aziende alla cassa integrazione guadagni. Un discorso molto diverso va fatto, invece, per il settore dei professionisti, ancora soggetto al monitoraggio. In questo caso l’evoluzione degli studi è sempre più diretta a raccogliere dati che permettano di fotografare le peculiarità dell’attività economica e a stimare una funzione di ricavo attendibile. Quindi, poco peso ai beni strumentali e fari puntati sulle nuove professioni.
Sergio Mazzei, Gli studi guardano ai bilanci, in Italia oggi, 5/06/2006, pag. 14

Appunti informali e brogliacci non sono prove
Gli appunti aziendali non bastano a fondare la rettifica del reddito dichiarato. Lo ha stabilito la Commission tributaria centrale con la decisione 30 maggio 2005 n. 49112 emessa dalla nona sezione. La pronuncia non nega in assoluto la valenza probatoria di appunti informali e brogliacci eventualmente rinvenuti dai verificatori nel corso delle loro attività ispettive. Tuttavia, sostengono i giudici della Commissione centrale di Roma, se si tratta di appunti informali contenenti annotazioni relative a contrattazioni generiche e senza indicazione di elementi certi sul tipo di operazione commerciale cui si riferivano, essi non sono sufficienti a fondare la rettifica: affinché essi possano costituire validi indizi comprovanti fatture non contabilizzate, occorre che siano assistiti dai requisiti della gravità, della precisione e della concordanza. La pronuncia, sebbene risalente a quasi un anno fa, ha trovato scarso risalto nella stampa specializzata, ma la sua importanza è notevole.
Massimiliano Tasini, Appunti aziendali, non sono prove, in Italia oggi, 5/06/2006, pag. 16