Da Il Sole 24 Ore
Consolidato, non è boom ma prende quota
Il consolidato fiscale cresce a piccoli passi. Via via che
l’istituto – uno dei cardini della riforma Ires – viene
assimilato dal mondo produttivo, sembra aumentare l’interesse
delle imprese per i vantaggi della tassazione di gruppo. Nel
primo anno di applicazione, il 2004, sono state circa 12mila,
per oltre 3mila gruppi, le società che hanno optato per questo
regime. Lo scorso anno le comunicazioni della scelta inviate
all’Agenzia delle entrate hanno sfiorato quota 2.000. Ora, al 1°
giugno, a 20 giorni dalla scadenza del termine per il 2006, il
dato statistico dell’agenzia delle Entrate è a 320 comunicazioni
trasmesse, con un ritmo di crescita sostenuto negli ultimi
giorni di osservazione. Non si può certo parlare di boom,
tuttavia, con le debite proporzioni e considerando che le
comunicazioni 2005 e 2006 possono riguardare l’ingresso di
società in gruppi già esistenti, le imprese coinvolte
supereranno quota 30mila per oltre 4mila gruppi.
Marco Mobili, Il consolidato fiscale prende quota, in
Il Sole 24 Ore, 5/06/2006, pag. 21
Ultime due settimane per il consolidato
Ultime due settimane per le opzioni del consolidato fiscale
con effetto dall’esercizio 2006. il decreto correttivo dell’Ires
ha anticipato, infatti, al giorno 20 del sesto mese
dell’esercizio, il termine per trasmettere alle Entrate la
comunicazione della tassazione di gruppo delle società di
capitali. La tassazione consolidata è consentita solo ai
soggetti Ires e qualora la controllante detenga, sin dall’inizio
del corrente esercizio, più del 50% del capitale e del diritto
agli utili di ciascuna delle controllate che intende aggregare.
Il consolidato, che riguarda l’Ires e non si estende invece all’Irap,
procura benefici significativi in presenza di società con
risultati fiscali di segno contrario (perdite e redditi), che
possono essere immediatamente compensati nella dichiarazione di
gruppo, ricordando però che le perdite precedenti all’avvio del
regime restano in capo a chi le aveva prodotte. E’ opportuno
ricordare che per avviare il consolidato, occorre che gli organi
amministrativi delle società interessate approvino l’opzione e
un apposito regolamento per disciplinare i riflessi economici
interni del regime. Con l’opzione, il versamento Ires in acconto
si trasferisce alla controllante già alla scadenza della prima
rata.
Luca Gaiani, Gli effetti già sul primo acconto, in Il
Sole 24 Ore, 5/06/2006, pag. 19
Edificabilità ancor da chiarire
La Corte di cassazione segnala ancora una volta
l’opportunità di convocare le Sezioni Unite al fine di dare una
nozione di area edificabile, unitaria ai fini dei vari tributi.
Con l’ordinanza 3504/2006 la sezione tributaria chiamata a
decidere una controversia relativa all’imposta di registro
conclude nel senso dell’attualità dell’interesse a ottenere un
pronunciamento definitivo. La disposizione di cui all’articolo
2, lettera b) del Dlgs 504/92 stabilisce che la qualifica di
edificabilità di un’area, ai fini Ici, consegue alla sua
inclusione in strumenti urbanistici generali o attuativi. La
giurisprudenza della cassazione si è divisa, nel corso del 2004,
sull’esatto significato da dare alla norma. In particolare,
mentre la sentenza 1675/2004 ha ritenuto sufficiente allo scopo
la sussistenza del piano regolatore generale, che attribuisce
un’edificabilità meramente teorica, la successiva pronuncia
21644/2002 ha invece ravvisato l’esigenza che si tratti di una
potenzialità edificatoria immediata ed effettiva. Secondo
quest’ultima decisione, dunque, se il Prg non consente il
rilascio della concessione a edificare, l’area non è
fabbricabile fino all’adozione dello strumento attuativo.
Luigi Lovecchio, Edificabilità dai confini incerti, in
Il Sole 24 Ore, 5/06/2006, pag. 22
Società di capitali, ruralità in bilico
Non sembra destinata a finire presto la diatriba tra imprese
e Comuni sull’applicazione dell’Ici ai fabbricati rurali
strumentali. A partire dal 2001, i fabbricati rurali devono
essere iscritti nel catasto urbano, pur conservando la qualifica
di ruralità. Fanno eccezione i vecchi fabbricati rurali che
devono essere iscritti in catasto solo in caso d’uso, cioè solo
in presenza di variazioni relative all’immobile o di perdita
della condizione di ruralità. Un problema che è rimasto sullo
sfondo è quello del rapporto tra la qualifica di ruralità e la
tipologia del reddito posseduto. Secondo una parte della
giurisprudenza di merito (sentenza Ctr Firenze n. 112/36/05
depositata il 21 marzo 2006) e della dottrina, il richiamo
all’articolo 32 del tuir contenuto nella disposizione sui
fabbricati rurali strumentali comporterebbe la necessità che
l’immobile sia posseduto da un soggetto titolare di redito
fondiario. Ne consegue che tutte le società di capitale, in
quanto titolari sempre di reddito d’impresa, non potrebbero mai
invocare la condizione di ruralità. Sarà interessante inoltre
stabilire se l’esercizio dell’attività agricola debba
necessariamente imputarsi al proprietario dell’immobile oppure
se ciò può avvenire anche da parte del conduttore del bene.
Luigi Lovecchio, Ruralità in bilico per le società di
capitali, in Il Sole 24 Ore, 5/06/2006, pag. 22
Da Italia Oggi
Fisco, attenzione alle grandi società
L’obiettivo numero uno sono i soggetti di grandi dimensioni.
Ovvero le aziende con un volume d’affari superiore a 25.822.846
euro. E’ nei loro confronti che si è focalizzata l’attenzione
del fisco negli ultimi cinque anni. Sono quasi raddoppiate,
infatti, le verifiche intraprese verso questi soggetti. La forte
campagna intrapresa sugli studi di settore e la creazione di
sistemi di cristallizzazione del reddito, coma la pianificazione
fiscale concordata o il concordato preventivo triennale,
permettono di concentrare gran parte delle risorse umane verso
i controlli di rilevanti dimensioni. D’altronde, una volta
creati, gli studi di settore abbisognano solo della manutenzione
e di un sistema di controllo basato sulla veridicità dei dati.
E’ da tenere in debita considerazione, infatti, che le verifiche
verso questi enti richiedono almeno due mesi di attività
ininterrotta oltre a rilevanti problemi di interpretazione della
normativa civilistica e tributaria. Restano al palo anche i
controlli formali delle dichiarazioni dei redditi che appaiono
sempre più simili a controlli automatizzati.
Francesco Santagada, Fisco, pressing sulle grandi società,
in Italia oggi, 5/06/2006, pag. 13
Gli studi evoluti spiano i ricavi
Gli studi evoluti spiano i ricavi. L’esordio dei nuovi
modelli per le attività dei settori commercio, manifatture e
servizi fa registrare un aumento esponenziale dei dati relativi
agli elementi contabili della realtà aziendale. Sono all’incirca
12 le voci aggiuntive riportate nei modelli revisionati che
passano al setaccio i ricavi, gli adeguamenti agli studi, i
canoni di locazione e l’utilizzo di personale esterno. Un occhio
di riguardo è comunque assicurato a tutti gli accadimenti
esterni che in qualche modo interferiscono con il normale
svolgimento dell’attività. Il fisco, in particolare, riconosce
il fenomeno dell’influenza aviaria ed introduce in alcuni
modelli, come elemento rilevante, l’accesso delle aziende alla
cassa integrazione guadagni. Un discorso molto diverso va fatto,
invece, per il settore dei professionisti, ancora soggetto al
monitoraggio. In questo caso l’evoluzione degli studi è sempre
più diretta a raccogliere dati che permettano di fotografare le
peculiarità dell’attività economica e a stimare una funzione di
ricavo attendibile. Quindi, poco peso ai beni strumentali e fari
puntati sulle nuove professioni.
Sergio Mazzei, Gli studi guardano ai bilanci, in
Italia oggi, 5/06/2006, pag. 14
Appunti informali e brogliacci non sono
prove
Gli appunti aziendali non bastano a fondare la rettifica del
reddito dichiarato. Lo ha stabilito la Commission tributaria
centrale con la decisione 30 maggio 2005 n. 49112 emessa dalla
nona sezione. La pronuncia non nega in assoluto la valenza
probatoria di appunti informali e brogliacci eventualmente
rinvenuti dai verificatori nel corso delle loro attività
ispettive. Tuttavia, sostengono i giudici della Commissione
centrale di Roma, se si tratta di appunti informali contenenti
annotazioni relative a contrattazioni generiche e senza
indicazione di elementi certi sul tipo di operazione commerciale
cui si riferivano, essi non sono sufficienti a fondare la
rettifica: affinché essi possano costituire validi indizi
comprovanti fatture non contabilizzate, occorre che siano
assistiti dai requisiti della gravità, della precisione e della
concordanza. La pronuncia, sebbene risalente a quasi un anno fa,
ha trovato scarso risalto nella stampa specializzata, ma la sua
importanza è notevole.
Massimiliano Tasini, Appunti aziendali, non sono prove,
in Italia oggi, 5/06/2006, pag. 16